sabato 21 giugno 2014

'Ori Thaiti, tutto quello che c'è da sapere sulla danza thaitiana

I costumi richiamano gli antichi abiti per la danza,  quando le danzatrici erano avvolte nella tapa, prodotta con la corteccia ammorbidita dell’albero del pane o dell’ibisco, decorata con piume colorate, conchiglie e madreperla. Morbide movenze narrano epiche gesta, amori fra dei, leggende dal sapore antico. La cultura polinesiana e le sue varie espressioni convergono nell’Ori Tahiti, la danza tahitiana: il suo ruolo sociale, religioso e politico al giorno d’oggi ovviamente non è più forte come nei tempi antichi, ma la danza era e resta un piacere, un modo di comunicare, un’espressione che permea la vita degli abitanti di Tahiti e le sue isole.
Si ritiene che esistano almeno 17 tipi di danza prima dell’arrivo degli Europei
I movimenti di base della danza tahitiana sono il pa’oti, per gli uomini, e l’ori, per le donne. Il pa’oti è una sorta di movimento a forbice delle ginocchia, che si aprono e si chiudono mentre i fianchi e i talloni restano immobili e solo le braccia accompagnano il ritmo della musica. Le donne, invece, nell’ori, muovono morbidamente i fianchi, con una movenza che parte dalle ginocchia ma che non deve essere trasmessa al busto, che resta fermo. Le braccia, tese verso l’esterno, ondeggiano flessuosamente.
I diversi tipi di danza tahitiana, tutte create in accordo con i ritmi naturali della vita quotidiana, sono l’ote'a, l’aparima, il pao'a e l’hivinau.
La più nota è, probabilmente, l’ote’a. Nata come rito di guerra, può essere praticata da un gruppo di uomini (‘Ote’a Tane), di sole donne (‘Ote’a Vahine), o uomini e donne insieme(‘Ote’a Amui). L’accompagnamento musicale, fortemente ritmato, è dato da strumenti a percussione.
Un altro genere molto diffuso, e di grande interesse, è l’aparima. Si tratta di una danza molto particolare, una sorta di mimo in cui i ballerini raccontano una storia, in genere ispirata ad azioni di vita quotidiana, a volte anche con accompagnamento di canti. Generalmente viene eseguita stando in ginocchio e con i medesimi strumenti dell’ote’a.
L’hivinau è, invece, una danza che risale all’incontro della popolazione locale con i primi esploratori inglesi. Tanto è vero che il suo nome deriverebbe da “heave now!”, cioè “issa ora!”, il grido con cui i marinai inglesi si incitavano a vicenda cercando di sollevare con l’argano le pesanti ancore dei velieri. In questo ballo uomini e donne si muovono in circolo mentre un danzatore solista lancia delle frasi riprese dal coro.
Infine, il pa’a’oa è una danza che richiama le attività tradizionali dell’arcipelago: la produzione dei tapa, la pesca o la caccia. Uomini e donne siedono a formare un semi-cerchio. Un cantante solista lancia una frase musicale che viene ripresa dal coro. A questo punto una coppia di danzatori si alza ed esegue una breve coreografia, sostenuta dall’incitamento dei ballerini seduti in semi-cerchio. 
Balletti, riti, celebrazioni e coreografie erano sempre accompagnati dai canti tradizionali: il canto popolare polinesiano si chiama himene e deriva dalla mescolanza degli inni religiosi dei primi missionari protestanti con i canti polifonici tahitiani in uso prima del loro arrivo. Si distinguono l’himene tarava, canto complesso interpretato da gruppi di almeno 80 persone, e l’himene ruau, cantato su un tempo lento da un coro misto. L’ute paripari invece è un canto interpretato su un tema della vita quotidiana, ritmato da due o tre persone accompagnate da un’orchestra tradizionale, dove accanto a strumenti come la chitarra, l’ukulele e l’armonica, si inseriscono gli strumenti tradizionali polinesiani, quali il To’ere, una sorta di tamburo tagliato in pezzo di legno, o il fa’atete, composto da una membrana di pelle di vitello tesa con lacci e chiusure di legno ad anelli simile a un tamburo.  

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