mercoledì 18 giugno 2014

La diablada, fascino e mistero in Sud America

E' una delle danze folcloristiche di ispirazione religiosa più colorate e originali della Bolivia. La diablada, che prende il nome da diavolo simbolo della danza stessa, ripete coreografie e cantici ancestrali. È nata durante il periodo di colonizzazione spagnola, come una rappresentazione della lotta tra il bene e il male. Nel diciottesimo secolo, i minatori di Oruro decisero: da una parte di dichiarare la Virgen de la Candelaria come Madre protettrice dei lavoratori e dall’altra parte decisero di danzare come diavoli, per non provocare l'ira del Tio della miniera, essere soprannaturale, considerato proprietario dei metalli che può fornire ricchezze o morte all’interno della miniera.
La danza della diablada suggerisce un mondo profondamente legato con il culto del male, il dio andino Supay, da Huari dio della montagna, e il diavolo della liturgia cattolica. La diablada riflette il sincretismo religioso attraverso sontuose forme e colori, che nel corso del tempo ha guadagnato popolarità.

La diablada si balla in Bolivia ma anche in Cile e Perù. Nel 2001 è stata dichiarata patrimonio Unesco.

martedì 17 giugno 2014

La Ranchera messicana, icona della musica popolare

Impazza la febbre da Mondiale ma il calcio ci offre l'occasione per conoscere meglio i paesi partecipanti e il “pretesto” per scoprire le loro tradizioni e la loro cultura. Dopo la Capoeira brasialina, parliamo della Ranchera messicana.
Si tratta di un genere musicale popolare della musica messicana. Sottogeneri sono: il huapango, il bolero ranchero, il corrido.
Il ritmo può essere in 3/4, 2/4 o 4/4, riflettendo rispettivamente i ritmi di valzer, polka e bolero. Le canzoni solitamente consistono in: introduzione strumentale, strofa e ritornello; sezione strumentale che ripete la strofa, un'altra strofa, ritornello e una chiusura.
Le sue origini risalgono al XIX secolo, ma si sviluppò nel teatro nazionalista del periodo post-rivoluzionario del 1910 e divenne un'icona dell'espressione popolare del Messico, un simbolo del paese, che si diffuse con grande successo in vari paesi latinoamericani, specialmente grazie al cinema messicano degli anni quaranta, cinquanta e sessanta.
I cantanti professionisti di questo genere sviluppano uno stile estremamente emozionale, una delle cui caratteristiche consiste nel sostenere molto a lungo una nota alla fine di una strofa o di un verso.
Per quanto riguarda i testi, predominarono all'inizio le storie popolari relative alla rivoluzione messicana, la vita contadina, i cavalli, la famiglia, i bar e le cantine e le tragedie amorose, per focalizzarsi maggiormente in seguito su storie d'amore.
Tra i più famosi compositori di ranchera troviamo Cuco Sánchez, Antonio Aguilar e José Alfredo Jiménez, il cantautore più prolifico, che ha composto molti dei pezzi più noti e un totale di oltre mille canzoni.

lunedì 16 giugno 2014

In Cina l'arte di trasformare la carta in...ricami

Il ritaglio della carta è un'arte visiva dell'artigianato cinese molto caratteristica. Ebbe origine nel sesto secolo quando le donne la usavano nei templi per incollare sui loro capelli ritagli di fogli d'oro e d'argento e gli uomini nei rituali sacri. Più tardi vennero usati durante le celebrazioni per decorare porte e finestre. Dopo centinaia di anni di evoluzione, ora hanno acquisito significati molto popolari di decorazione tra la popolazione rurale, specialmente femminile.
I principali arnesi da ritaglio sono semplici: carta e forbici o un coltello da incisione.
Quando si osservano oggetti fatti accuratamente in questo modo, ci si sorprende per la realistica espressione vitale dei sentimenti e delle sembianze delle forme, o per la rappresentazione di piante naturali e di animali in diverse espressioni gestuali. Esempi di crisantemi che espongono petali che si arricciano o esempi di una figlia sposata che ritorna alla casa dei suoi genitori.
Sebbene anche altre forme d'arte, come la pittura, possono mostrare scene simili, i ritagli di carta cinesi si distinguono ancora per il loro fascino. Per rendere le scene tridimensionali e farle risaltare visivamente dalla carta, dato che sono di solito monocromatiche, i “ritagliatori” devono cancellare le parti secondarie e comporre il corpo principale in maniera appropriata, in modo astratto e ardito.
E' facile imparare a ritagliare un pezzo di carta ma è molto difficile padroneggiarlo alla perfezione. Bisogna afferrare il coltello perpendicolarmente e premere in modo uniforme sulla carta con un po' di forza. E' richiesta flessibilità ma ogni esitazione o movimento inconsulto porterà a imprecisioni o rovinerà l'intera imagine.
I “ritagliatori” accentuano le linee di taglio secondo diversi stili, ce ne sono quattro ideali ma essenziali che si sforzano di perfezionare. Loro cercano di intagliare la luna come un cerchio, un gambo di grano come una linea dritta. Le persone trovano speranza e conforto nell'esprimere i desideri con i ritagli di carta. Per esempio per una cerimonia di matrimonio, ritagli di carta rossi sono decorazioni tradizionali e richieste sul servizio da te', sui bicchieri della toilette e sui mobili. Un grosso carattere di carta rosso “XI” (felicità) è d'obbligo sulle porte delle persone appena sposate.
Durante le feste di compleanno delle persone più anziane, il carattere “Shou” rappresenta longevità e delizierà l'intera cerimonia, mentre un modello di bambini paffuti che stringono un pesce significa che ogni anno avranno abbondanti ricchezze.


domenica 15 giugno 2014

Fascino e mistero della Tagelmust

La Tagelmust è il tradizionale copricapo delle popolazioni nomadi del Sahara, soprattutto i Tuaregh. E' formata da una lunga striscia in cotone – tra i 3 e gli 8 metri – che i Tuaregh portano avvolta sul capo e attorno al viso.
Questa specie di turbante funge da riparo contro i raggi violenti del sole del deserto e le correnti di sabbia trasportante dal vento, ma è anche un importante simbolo di protezione spirituale: i Tuaregh credono infatti che la Tagelmust debba coprire la bocca per evitare che gli spiriti maligni che abitino il deserto possano utilizzarla come via d'accesso all'anima umana; per questo motivo anche durante i pasti è proibito scoprire la bocca.
La Tagelmust tradizionale è di color Indaco, e il processo di tintura del cotone avviene ancora manualmente. Data purtroppo la scarsità d'acqua spesso il cotone è tinto con polveri a secco, che nel tempo però perdono aderenza con il tessuto, trasferendosi sulla pelle  – motivo per il quale i Tuaregh sono conosciuti anche come “gli uomini blu”. Sempre a causa della poca quantità d'acqua a disposizione dei popoli nomadi del deserto, spesso il cotone viene lasciato “naturale”, e così si possono avere Tagelmust di vari colori, anche se l'Indaco, ritenuto un colore dalle particolari proprietà virtuose, è il colore utilizzato nelle cerimonie più importanti, soprattutto religiose.
Particolare interesse è rivolto alle Tagelmust Indaco dal tono più scuro o intenso, poiché denotano le possibilità economiche di chi la indossa.
Questo “indumento” è riservato agli uomini Tuaregh adulti, che la possono togliere solo in presenza di familiari molto stretti, mentre le donne possono avere il viso scoperto, invertendo completamente l'ordine religioso del resto delle popolazioni islamiche.
La Tagelmust ha moltissimi significati sociali, legati soprattutto al modo di avvolgerla e piegarla sul capo, diversa a seconda del clan, del ruolo che vi si ricopre o addirittura della regione di origine. 

sabato 14 giugno 2014

Hara, la tradizione Maori resa famosa dal rugby

La Hara è la danza tipica dell'etnia neozelandese dei Maori, adottata per la sua originale intensità come “grido di battaglia” dalla nazionale di rugby degli All Blacks è divenuta simbolo dell'identità di un'etnia.
La Haka, erroneamente indicata come danza di guerra è in realtà l'espressione disciplinata ma emozionante ed emozionale che, chi la esegue, utilizza per esprimere il proprio stato d'animo, sia esso positivo o negativo durante riti, feste o celebrazioni.
“Haka” significa infatti “accendere il respiro”, da HA (soffio) e KA (infiammare), ed è  una danza tesa ad impressionare, o comunque comunicare in modo incisivo e forte la propria aggressività. La lingua fuori, i denti serrati, gli occhi spalancati o i colpi al petto e sugli avambracci, sono tutti simboli di potenza e coraggio che si ricollegano allo spirito guerriero dei Maori.
La leggenda riguardante la nascita di questa danza  racconta di un importante e ricco capo Maori, che per sfuggire a feroci assassini si nascose nel pozzo di un piccolo villaggio e con l'aiuto di una giovane coppia  fece perdere le sue tracce. La coppia al principio tentò di convincere gli assassini che l'uomo non si trovava lì, e in quel momento questi, dal pozzo, sussurrava tra sé – in lingua Maori -  “Ka Mate, Ka Mate” (io muoio, io muoio); quando invece sentì che si erano allontanati urlò di gioia “Ka Ora, Ka Ora” (io vivo, io vivo).
Resa celebre dalla più popolare versione della nazionale di rugby All Blacks, la Haka si suddivide in realtà in tre diversi stili :
La Kamate: propria degli All Blacks e ripetuta sempre dopo gli inni nazionali per intimorire gli avversari, è un tipo di Haka molto corto, che non prevede l'uso di armi.
La “Peruperu”: tipica danza di guerra, in cui vengono usate anche le armi, è caratterizzata da un gran salto a gambe piegate alla fine della danza.
Kapa” o  “Pango”: voluta dagli All Blacks per le occasioni speciali, è stata creata con un gruppo di esperti delle tradizioni dei Maori, ed è stata voluta per completare la “Ka Mate”. Fa esplicitamente riferimento agli All Blacks, quando parla di “guerrieri in nero con la felce argentata”, ed è considerata più aggressiva, con più accenni di sfida verso gli avversari.
Il tono della danza nel rugby è sempre aggressivo, feroce, e la guida del gruppo è affidata al membro più anziano della squadra.
L' Haka venne usata per la prima volta in ambito sportivo durante il primo torneo estero della squadra neozelandese di rugby nel 1888, ma in quella versione i giocatori erano coperti da un mantello bianco, che lanciavano in aria alla fine della danza. La prima volta che la Haka venne utilizzata dalla nazionale di rugby fu invece nel 1905, quando venne coniato il termine “All Blacks”.  

venerdì 13 giugno 2014

La capoeira conquista il pubblico dei Mondiali

La cerimonia inaugurale dei Mondiali di calcio in Brasile ha visto protagonista, tra le diverse espressioni artistiche presenti, la capoeira. L'arte della capoeira (una danza mista a lotta) è una delle più alte espressioni folcloristiche ed artistiche del Brasile. Quest'antica lotta di liberazione, deriva da una danza, in Brasile viene praticata da tutti, bambini, donne uomini e la si può vedere per le strade, negli spettacoli e nelle palestre. In tante canzoni popolari e moderne la parola "Capoeira" ricorre ed evocare qualsiasi simbolo di questo grande paese.
La capoeira accompagnò il popolo brasiliano fin dalle sue più antiche origini. Nacque circa quattro secoli fa, (intorno al 1580), e la sua origine è negra, infatti gli schiavi africani bantù, deportati dai colonizzatori portoghesi in Brasile ed inizialmente nell'area di Bahia, portarono con sé i loro rituali e la loro cultura, e tra questi, la "danza della zebra" ed un particolare strumento monocorde, il "Berimbau", diventato ormai un simbolo del Brasile, il cui suono fa vibrare di emozione il cuore di ogni brasiliano e dei "capoeiristas" in particolare.
Questi schiavi africani originari dell'Angola e del Congo, venivano impiegati come mano d'opera in lavori massacranti nelle piantagioni di canna da zucchero; al termine delle loro giornate si riunivano e ripercorrevano con la memoria il loro passato di libertà con i canti, le danze, le musiche ed i rituali: tra questi uno diventò "Capoeira", una particolare forma di autodifesa e di lotta mascherata sotto forma di rituale e mimica.
Molti schiavi in questo modo riuscirono a difendersi dai soprusi e dalle frustate dei coloni europei, ad eliminare i sorveglianti bianchi che li vessavano ed a fuggire nelle foreste dell'interno del Brasile.  

giovedì 12 giugno 2014

Danza orientale, arte unica dai molteplici stili


Una delle più antiche danze al mondo è la danza orientale, originaria del Medio-Oriente e dei paesi arabi. E' eseguita tradizionalmente dalle donne, perché esprime interamente la femminilità, la vitalità e la sensualità. In generale è caratterizzata dalla sinuosità e dalla sensualità dei movimenti. La danza orientale è unica nel suo genere anche se esistono diversi stili, che cambiano a seconda del paese d'origine, come la danza col velo.

Tra i diversi stili si possono ricordare:

Stile danza orientale autentica con danza Hawzi, uno stile caratterizzato da movimenti eleganti, ampi e dolci, la danza viene resa fluida grazie al coinvolgimento armonico del corpo della danzatrice.

Stile Šarqī: inizialmente legato alla tradizione di danze ballate nelle corti islamiche, si evolve nei primi decenni del Novecento. Le interpreti dei cabaret egiziani iniziarono a ricorrere a coreografie e all'utilizzo di strumenti quali il velo, il candelabro e le scarpe col tacco, introducendo inoltre passi derivanti dal balletto classico come l'arabesque e lo chassé.

Stile Baladī: è caratterizzato dalla movenza del bacino carica di intensità. I movimenti delle braccia sono meno ampi e svolazzanti rispetto a quelli dello stile Šarqī. Si prediligono le camminate con il piede a terra e non in mezza punta come nello stile classico. Lo stile Baladī è una danza popolare cittadina che nasce dall'incontro della popolazione rurale con quella urbana.

Stile Ša'abī: è legato alla terra, caratterizzato dalla spontaneità, semplicità e allegria. E' lo stile popolare egiziano. Le danze popolari comprendono repertori zingari (ġawāzī) e delle campagne (fellahī). La variante egiziana è quella interpretata con il bastone, chiamata sayydī.

Stile Danza di Iaset o La Danza del Ventre dell'Egitto Faraonico: questo stile è stato creato nel 1993 in Brasile dall'insegnante di ballo Regina Ferrari come una rappresentazione artistica della danza dell'Antico Egitto, con simbolismo fittizio e immaginario. Non è una danza con finalità esoterica, da essere utilizzata nei riti di magia. Questa danza è composta con i movimenti della danza del ventre arabo, mescolati con i passi del balletto classico e una interpretazione fittizie per ogni movimento. Ci sono diverse coreografie con l'uso di vari veli, fino a nove, che portano la sensazione di mistero, però non c'è nessun legame tra le coreografie create e la vera danza praticata nei riti di magia nell'Antico Egitto.