mercoledì 11 giugno 2014

Sri Lanka, il fascino della danza Kandy

Kandy è la danza ufficiale dello Sri Lanka e risale al tempo dei re di Kandy.  Una leggenda vuole che la danza kandiana sia nata 2500 anni fa, in seguito alla liberazione di un re da un incantesimo.
La tradizione narra che questa danza divenne talmente raffinata che monaci buddisti accettarono che fosse rappresentata nei cortili dei templi.
Oggi è considerata la danza tradizionale. Si balla in quattro versioni e numerosi gesti mimano i movimenti degli animali. Il danzatore è a torso nudo, indossa un'ampia gonna, numerose collane in argento e in avorio, braccialetti e anelli d'argento ai piedi. I danzatori sono accompagnati da musicisti e percussionisti e realizzano piroette e salti.
Originario del sud dell'India, il dramma mascherato include quattro tipi di drammi. Tali danze si svolgono una volta all'anno, durante la notte, e durano da 7 a 10 minuti. Danzatori, percussionisti, cantanti e maestro di cerimonia animano il dramma popolare. Delle maschere nascondono i visi dei danzatori. Il più conosciuto di questi drammi è il kolam, che mette in scena molti personaggi grotteschi e deformati.  


martedì 10 giugno 2014

Arte aborigena e spiritualità, una mostra di Richard J. Campbell


Focus sull'arte e la spiritualità aborigena ad Orvieto. Entra, infatti, nel vivo la nona edizione del Festival di Arte e Fede. Dopo l’inaugurazione de “La Moisson Mistique - La raccolta Mistica” dell’artista Marie Dominique Miserez, è in programma per stasera, martedì 10 giugno alle 19 a Palazzo dei Sette di Orvieto, il taglio del nastro di un’altra mostra, questa volta dedicata alla spiritualità aborigena. L’artista è Richard J Campbell, uno dei più noti in Australia, che nella sua “Stations of the cross” testimonia come, appunto, la spiritualità aborigena possa esprimersi e completarsi attraverso quella cristiana.

 All'inaugurazione della mostra, che resterà aperta fino al 18 Giugno nella sede di Palazzo dei Sette, prenderà parte S.E. John McCarthy dell'Ambasciata d'Australia presso la Santa Sede.

“L'arte aborigena australiana è la più antica tradizione artistica del mondo - spiega il direttore del Festival Alessandro Lardani - da sempre, espressione culturale e spirituale che riflette la diversità delle tribù, delle lingue e dei paesaggi. Si tratta di un'antica forma di arte che si è riscoperta dopo il 1970, ed è divenuta un movimento artistico unico del XX secolo. Molti aborigeni sono cristiani, e come Campbell sono in grado di integrare, nella loro arte, le tradizioni indigene con quelle cristiane”.

“Questa mostra - prosegue Lardani - testimonia proprio come la spiritualità aborigena possa esprimersi e completarsi attraverso quella cristiana. Ad esempio il Cenacolo di Campbell rispecchia il Corroboree australiano, un raduno sacro dei leader di una tribù indigena in cui si prendono decisioni importanti, anche in situazioni difficili di colonizzazione. Ecco la connessione spirituale della pittura: l’angoscia di Cristo si incarna nelle continue sofferenze dell’oggi”.

“Abbiamo tutti una connessione spirituale, noi siamo tutti fratelli e sorelle, con gli animali, gli alberi, i fiumi e le rocce ... siamo tutti uno in Dio” afferma Campbell.

domenica 8 giugno 2014

L'antica tradizione del caffè turco

La nascita del caffè come bevanda presenta origini oscure. Secondo un' antichissima leggenda, un pastorello africano, mentre pascolava le sue pecore, vide che il suo gregge era diventato improvvisamente più energico del solito; scoprì che la fonte di tanta energia erano stati i chicchi di una pianta sconosciuta, che volle provare lui stesso.
Colpito dall'effetto miracoloso provocato dai chicchi misteriosi, li fece provare a molte persone del suo villaggio, ma non tutti accettarono la nuova scoperta con entusiasmo; così ci fu qualcuno che, temendo di rimanere vittima di un maleficio, li gettò nel fuoco salvo poi, riprenderli, gettarli nell'acqua e creare il primo caffè della storia.
Il passo dalla leggenda alla realtà diventa più difficile. Si è certi però che il caffè fosse presente nel medioriente. A Costantinopoli nel 1554 viene aperta una prima bottega del caffè, in seguito ebbe una larga diffusione anche in Siria, in Palestina, in Egitto. In Europa le prime botteghe di caffè comparvero nel 1600 e nel 1700 apre a Venezia il mitico Caffè Florian, ritrovo di intellettuali ed artisti.
In seguito le preziose piantine di caffè furono esportate in Sudamerica e in tutto il mondo. I turchi dicono del caffè: “Deve essere nero come l'inferno, forte come la morte e dolce come l'amore”.
La tradizione del caffè turco è unica per via del suo processo di preparazione. La polvere di caffè viene macinata in modo che sia finissima; poi la si fa bollire dentro l'ibrik, un piccolo bricco d'ottone insieme con acqua, zucchero e, in base alle diverse tradizioni, con spezie. Questa miscela viene fatta bollire e sbollire tre volte prima di essere versata in una tazzina rigorosamente di porcellana avvolta da un guscio d'ottone. Il caffè così ottenuto deve riposare almeno un paio di minuti prima di essere bevuto per fare in modo che la polvere si depositi sul fondo della tazzina. Nei bar turchi non è difficile incontrare qualcuno che abbia voglia di “leggere” i fondi del caffè, capovolgendo la tazzina e indagando passato e futuro nei residui lasciati sul piattino.
Altre informazioni su locali e caffè anche sul nuovo portale ufficiale di Istanbul: howtoistanbul.com

sabato 7 giugno 2014

In Thailandia la musica che non segue le note

Esiste una musica al mondo che non segue nessuna nota ma è il musicista a creare la melodia. Chi vuole imparare a suonare, come nella danza, deve seguire i movimenti del maestro. Si tratta della musica tradizionale thailandese o musica thai. Gli strumenti caratteristici sono il vot (una siringa fatta di canne di bambù), il pin (una specie di chitarra), il nonglang (una specie di xilofono di legno) e il khaen (una specie di armonica di canne di bambù).
Il gruppo tradizionale o piphat band è normalmente formato dai cinque ai venticinque musicisti.
La musica thai è piuttosto complessa: spesso funge da accompagnamento alle rappresentazioni teatrali. Presenta diverse analogie con la tradizione musicale occidentale e con quella cambogiana.

venerdì 6 giugno 2014

L'arte tessile del Mali, la tecnica del bogolan

Una grande farfalla nell'area nord-occidentale dell’Africa. Il Mali è un mosaico di popoli, culture e tradizioni. In questo territorio convivono numerosi gruppi etnici dai Bambara ai Malinkè, dai Tuareg ai Mauri, dai Bobo ai Mossi, dai Fulbe ai Shongai. Una diversità etnica e geografica che riflette la variegata cultura.
Tra le tipicità va certamente segnalata l’arte di tingere i tessuti. I tessuti, presso le popolazioni del Mali, rivestono una grande importanza nella società, sia come manifestazione visibile dello status sociale di chi lo porta, sia come elemento propiziatorio e rituale in numerosi momenti della vita dell'individuo.
Tra le tecniche di tintura c'è il bogolan è un procedimento antico proprio delle popolazioni Bambara, Malinké, Sénoufo, Bobo e Dogon. Il significato del termine “bogolan” è "il risultato che porta l’argilla” e in effetti le decorazioni sono ottenute utilizzando il fango applicato sul tessuto
I bogolan sono strette strisce di stoffa, tradizionalmente di cotone, la cui filatura è eseguita dalle donne che, sedute a terra, tirano, torcono e avvolgono con gesti antichissimi il filo intorno a un fuso, mentre la tessitura è affidata esclusivamente agli uomini.
Il procedimento di decorazione avviene in più fasi successive. La stoffa dapprima viene lavata in acqua, asciugata al sole, e tinta di giallo con un’infusione, preparata con foglie di Anogeissus leiocarpus e Combretum glutinosum. Viene poi realizzato il disegno, utilizzando un bastoncino e il fango nero di pozzo, raccolto un anno prima e fermentato in una giara. Possono essere fatti successivi bagni nella tinta gialla e applicazioni di fango, in base alla tinta bruna che si vuole ottenere. In questo modo si ottengono segni gialli su fondo marrone.
Con l′applicazione sui segni di una soluzione di arachidi, soda caustica, crusca di miglio e acqua, il giallo si muta in marrone, e solo dopo una settimana di asciugatura al sole e un ulteriore lavaggio, emerge un disegno bianco su fondo scuro.
Il bogolan riveste una grande importanza nella società. Per gli uomini è legato alla caccia e costituisce una protezione contro le energie negative sprigionate dall'animale ucciso. Le donne vestono il loro primo bogolan in occasione del passaggio all'età adulta e lo portano in tutte le fasi successive della vita. La decorazione costituisce un vero e proprio testo, il cui significato è accessibile solo a chi abbia seguito un'opportuna iniziazione. Un universo di simboli si dispiega sul bogolan: non solo luoghi, persone e animali vi sono rappresentati, ma anche idee astratte e religiose.
https://www.youtube.com/watch?v=4OOaWexD2Jg
Per avere un panorama completo dell’arte tessile maliana si può visitare a Bamako il Musée National, il più interessante dell’Africa occidentale. 

SOLIDARITE' NORD-SUD PRESENTA I TESSUTI DEL MALI-desktop.m4v

giovedì 5 giugno 2014

Ecuador, una terra dai mille volti con unico e forte amore per la conoscenza

L'Ecuador è un territorio straordinario, somma di culture e tradizioni diverse, ecosistemi ed etnie. In esso convivono, infatti, popolazioni di origine indigena, meticcia e afro-discendente. In esso troviamo la costa, le Ande, la foresta amazzonica e, e le isole Galapagos. Questa sua peculiarità ne fa un Paese unico e tutto da scoprire. Per conoscerlo meglio è in corso una mostra al Castello D'Albertis di Genova, aperta fino al 6 luglio, che, dopo aver presentato le diversità naturali e umane dell'Ecuador, offre un approfondimento sulle espressioni culturali dell'archeologia di questo territorio. "Ecuador al Mundo: un viaje por su historia ancestral", questo il titolo dell'esposizione, evidenza come dal periodo pre-ceramico all'impero Inca l'elemento comune a tutti i gruppi sia stato lo scambio di conoscenza in rapporto all'uso delle materie prime. La mostra si conclude evidenziando il ruolo del patrimonio culturale nella definizione dell'identità interculturale e plurietnica e come il recupero dei beni e dei saperi faccia parte esso stesso dell'identità dell'Ecuador. Tra gli eventi collaterali alla mostra, va segnalato il laboratorio gratuito di musica e cultura afromestiza ecuadoriana del gruppo di musica e danza "Afromestizio Candente". L'appuntamento è per il 12 giugno alle 17 sempre presso il Castello D'Albertis di Genova.
Il Museo delle Culture del Mondo di Castello D’Albertis offre un percorso nella dimora del Capitano Enrico Alberto D’Albertis, suo ideatore.  Viaggiando per mare e per terra tra ‘800 e ‘900, il Capitano ha racchiuso nella sua dimora il suo mondo in una cornice romantica a cavallo tra “camere delle meraviglie” e trofei coloniali.  Il suo castello testimonia il fascino che i mondi lontani da lui visitati hanno esercitato sul suo spirito, impregnato di “genovesità” e amore per il mare e di altrettanta curiosità verso l’ignoto e l’intentato. Ma non solo: con l’ingresso nel bastione cinquecentesco, su cui è stato costruito il castello, si apre un secondo percorso di visita nel quale il materiale archeologico ed etnografico viene svelato attraverso il dialogo e lo scambio con le popolazioni da cui proviene, per dar voce a prospettive multiple e relativizzare le nostre certezze.  Castello D’Albertis non è solo la casa del Capitano D’Albertis, ma la nostra stessa casa, la casa delle nostre pulsioni e fascinazioni, delle nostre paure ed esplorazioni, delle domande che segnano il nostro rapporto con il mondo.
http://www.museidigenova.it/spip.php?rubrique25