I costumi richiamano gli antichi abiti
per la danza, quando le danzatrici erano avvolte nella tapa,
prodotta con la corteccia ammorbidita dell’albero del pane o
dell’ibisco, decorata con piume colorate, conchiglie e madreperla.
Morbide movenze narrano epiche gesta, amori fra dei, leggende dal
sapore antico. La cultura polinesiana e le sue varie espressioni
convergono nell’Ori Tahiti, la danza tahitiana: il suo ruolo
sociale, religioso e politico al giorno d’oggi ovviamente non è
più forte come nei tempi antichi, ma la danza era e resta un
piacere, un modo di comunicare, un’espressione che permea la vita
degli abitanti di Tahiti e le sue isole.
Si ritiene che esistano
almeno 17 tipi di danza prima dell’arrivo degli Europei
I movimenti
di base della danza tahitiana sono il pa’oti, per
gli uomini, e l’ori, per le donne. Il pa’oti è
una sorta di movimento a forbice delle ginocchia, che si aprono e si
chiudono mentre i fianchi e i talloni restano immobili e solo le
braccia accompagnano il ritmo della musica. Le donne,
invece, nell’ori, muovono morbidamente i fianchi, con una
movenza che parte dalle ginocchia ma che non deve essere trasmessa al
busto, che resta fermo. Le braccia, tese verso l’esterno,
ondeggiano flessuosamente.
I diversi tipi di danza tahitiana,
tutte create in accordo con i ritmi naturali della vita quotidiana,
sono l’ote'a, l’aparima, il pao'a e l’hivinau.
La
più nota è, probabilmente, l’ote’a. Nata come rito di
guerra, può essere praticata da un gruppo di uomini (‘Ote’a
Tane), di sole donne (‘Ote’a Vahine), o uomini e donne
insieme(‘Ote’a Amui). L’accompagnamento musicale, fortemente
ritmato, è dato da strumenti a percussione.
Un altro genere molto
diffuso, e di grande interesse, è l’aparima. Si tratta di
una danza molto particolare, una sorta di mimo in cui i ballerini
raccontano una storia, in genere ispirata ad azioni di vita
quotidiana, a volte anche con accompagnamento di canti. Generalmente
viene eseguita stando in ginocchio e con i medesimi strumenti
dell’ote’a.
L’hivinau è, invece, una danza che
risale all’incontro della popolazione locale con i primi
esploratori inglesi. Tanto è vero che il suo nome deriverebbe da
“heave now!”, cioè “issa ora!”, il grido con cui i marinai
inglesi si incitavano a vicenda cercando di sollevare con l’argano
le pesanti ancore dei velieri. In questo ballo uomini e donne si
muovono in circolo mentre un danzatore solista lancia delle frasi
riprese dal coro.
Infine, il pa’a’oa è una
danza che richiama le attività tradizionali dell’arcipelago: la
produzione dei tapa, la pesca o la caccia. Uomini e donne
siedono a formare un semi-cerchio. Un cantante solista lancia una
frase musicale che viene ripresa dal coro. A questo punto una coppia
di danzatori si alza ed esegue una breve coreografia, sostenuta
dall’incitamento dei ballerini seduti in semi-cerchio.
Balletti, riti, celebrazioni e
coreografie erano sempre accompagnati dai canti tradizionali: il
canto popolare polinesiano si chiama himene e deriva
dalla mescolanza degli inni religiosi dei primi missionari
protestanti con i canti polifonici tahitiani in uso prima del loro
arrivo. Si distinguono l’himene tarava, canto complesso
interpretato da gruppi di almeno 80 persone, e l’himene ruau,
cantato su un tempo lento da un coro misto. L’ute
paripari invece è un canto interpretato su un tema della
vita quotidiana, ritmato da due o tre persone accompagnate da
un’orchestra tradizionale, dove accanto a strumenti come la
chitarra, l’ukulele e l’armonica, si inseriscono gli strumenti
tradizionali polinesiani, quali il To’ere, una sorta di
tamburo tagliato in pezzo di legno, o il fa’atete, composto
da una membrana di pelle di vitello tesa con lacci e chiusure di
legno ad anelli simile a un tamburo.